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Fukushima, 5 anni dopo
Luca
/ Categorie: Attualità, Articoli

Fukushima, 5 anni dopo

L'11 marzo 2011 il Giappone venne investito dal terremoto più forte mai registrato e da uno tsunami che si addentrò per oltre 6 km nell'entroterra.

Con grande interesse ho seguito lo speciale su SkyTG24 dedicato alla tragedia di Fukushima dopo il grande sisma di magnitudo 9 con conseguente tsunami che colpì la costa est del Giappone l’11 marzo 2011.  

L’inviato di SkyTG24 era a Tokio al momento della grande scossa e aveva filmato tutto, tranne l’arrivo della grande onda che devastò gran parte della costa Est del Giappone.  

Incredibile è stato il reportage dedicato alla Centrale Nucleare di Fukishima, e della totale mancanza di comunicazione dei manager della TEPCO, la società che gestisce gran parte delle centrali nucleari in Giappone. L’inviato, pensate, è andato proprio alla Centrale Nucleare, una zona altamente radioattiva, per documentare ciò che la TEPCO stava tenendo nascosto.  

Ma cosa è successo a Fukishima?
Dopo il terremoto, situato al largo delle coste Est del Giappone, si scatenò un terribile tsunami che penetrò, in alcune zone, fino a 6 km nell’entroterra. Al momento della scossa, la Centrale di Fukishima spense correttamente i reattori, riempiendo di acqua le vasche contenenti le barre di uranio. Nonostante l’interruzione di corrente, dovuta alla caduta dei pali dell’alta tensione sul territorio a causa del terremoto, i tecnici riuscirono ad attivare i generatori d’emergenza alimentati a gasolio che dettero energia sufficiente per attivare le pompe dell’acqua per riempire le vasche e alimentare i quadri di controllo, e raffreddare i reattori nucleari. L’arrivo dell’onda alta 14 metri, però, provocò lo spegnimento dei generatori, situati nei piani interrati degli edifici, interrompendo quindi il riempimento e il deflusso delle acque di raffreddamento. I reattori fecero bollire l’acqua delle piscine, che cominciò a evaporare, prosciugandole e scoperchiando il nocciolo, che raggiunse temperature fino a 3.000 °C. Nel frattempo, dai reattori, fuoriuscì a causa di piccole crepe nella struttura dovuta alle scosse telluriche, una perdita di Idrogeno, che riempì gli edifici dove erano contenuti i reattori, e giunti a saturazione esplosero scoperchiandoli e distruggendoli in parte. Fortunatamente, i reattori non subirono danni dopo l’esplosione, ma continuavano a surriscaldarsi per via della mancanza di acqua di raffreddamento. Il che provocò comunque l’esplosione di altri edifici e degli altri reattori, rimasti scoperti per la mancanza d’acqua. Ormai il danno era compiuto. Sicuramente le alte temperature avevano sciolto il nocciolo, quello che in gergo tecnico si chiama “meltdown”.

I tecnici decisero quindi di usare acqua di mare, nonostante la TEPCO fosse contraria, perché questa avrebbe rovinato in modo permanente tutto l’impianto. S’iniziò a usare elicotteri dell’esercito che buttavano sopra i reattori acqua con grandi “secchiate”, ma non bastava. Quindi si pensò di usare dei grandi getti con autopompe, che permise un parziale raffreddamento dell’intero impianto. Ma nei reattori si stava accumulando una grandissima pressione, e visto che i quadri di controllo erano fuori d’uso, qualcuno avrebbe dovuto aprire le valvole dei camini di sfogo a mano. Una missione suicida, non solo perché l’area era già comunque altamente contaminata, ma avvicinarsi alle zone dei reattori era una vera e propria condanna a morte. L’apertura delle valvole avrebbe rilasciato nell’atmosfera una nube fortemente radioattiva. Per questo si decise di allontanare la popolazione dalla zona per un raggio di oltre 20 km.  

Il meltdown
Nonostante ora si sia trovata una soluzione per tenere refrigerati i noccioli dei reattori ormai sciolti, questa sta creando danni incredibili in tutto l’Oceano Pacifico. L’acqua di raffreddamento, difatti, viene letteralmente scaricata in mare, perché i contenitori che avevano creato per riporre l’acqua radioattiva non bastano più e alcuni si sono pure rotti, inquinando di fatto tutta l’area della Centrale Nucleare.  
In pratica abbiamo tutto l’Oceano Pacifico contaminato dalle radiazioni…  Immaginate i danni alla fauna… al pesce che la gente mangia, contenente isotopi radioattivi. Le conseguenze del disastro si conosceranno solo col tempo, ma saranno tremende. Sono state rilevate tracce delle radiazioni sulla costa Ovest degli Stati Uniti.  
E nessuno può ancora dire come stia il nocciolo fuso. In pratica, le barre radioattive che non sono potute essere raffreddate si sono fuse insieme, raggiungendo temperature intorno i 3.000 °C. Queste potrebbero continuare a mantenere questo stato sciogliendo tutto ciò che è intorno a loro, sprofondando man mano verso il centro della Terra. Paradossalmente, potrebbero anche attraversarla per intero (da qui il nome di “sindrome cinese”). Questo nome fa riferimento ad una teoria secondo la quale in caso di un incidente ad una centrale elettrica nucleare, in cui ci sia la fusione del nocciolo del reattore, niente riuscirebbe a fermarlo: fonderebbe fino alla base della centrale e oltre, perforando la crosta terrestre, «in teoria fino alla Cina». Ora, secondo la TEPCO i reattori sono “stabili”, nel senso che vengono raffreddati con acqua di mare e altri sistemi, quindi questa teoria dovrebbe essere scongiurata. Il problema è che quest’acqua che serve per raffreddare i reattori viene continuamente scaricata in mare.  

La comunicazione assente
Quello che fa rabbrividire è la totale mancanza di trasparenza da parte della TEPCO, che ha mentito per giorni e per mesi sull’incidente. Questo per salvaguardare i propri interessi, e quelli degli altri coinvolti. Le turbine sono della General Electric, e si può immaginare il danno economico anche per questa grande Compagnia Statunitense. La TEPCO è la più grande Compagnia che eroga energia elettrica in Giappone. Minimizzare per contenere i danni, deviando l’attenzione, è la tecnica più usata in comunicazione in caso di “crisis management”. Purtroppo per loro i fatti si sono svolti a loro sfavore, facendo venire a galla tutto ciò che stava nascondendo. Ormai era impossibile nascondere l’inevitabile.  

«Comunicare fa sempre bene, soprattutto in caso di problemi»  

Salvi per un guasto
Fa sorridere pensare che grazie alla rottura della saracinesca che regola l’acqua tra la piscina del reattore e quella delle barre di uranio esaurite sia servita a non fare un danno di proporzioni apocalittiche. L’acqua di una delle due piscine si è riversata sull’altra garantendo al reattore la possibilità di raffreddarsi, e permettere alle squadre di salvataggio di avere più tempo a disposizione per trovare delle soluzioni.  

In pratica, uno degli impianti che doveva essere tra i più sicuri al Mondo, non ha creato un danno radioattivo all’umanità dell’emisfero Nord della Terra per colpa di un guasto.

Curioso, vero?
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