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#Referendum17aprile

#Referendum17aprile

Se ne stanno sentendo di ogni in rete circa il #referendum17aprile.  

L’Italia è divisa tra chi sostiene il “SI” e quelli che sostengono il “NO”. Bisognerebbe però capire a fondo cosa si sta andando a votare, e qual è la situazione vera dei giacimenti italiani.  

Il sito Educambiente.tv riporta quanto segue:
“Il petrolio in Italia. I pozzi di petrolio e di gas in Italia sono modesti, molto frammentati e spesso situati a grandi profondità oppure offshore, e questo ha reso difficile sia la loro localizzazione sia il loro sfruttamento. L'Italia è il 49° produttore di petrolio nel mondo. I giacimenti di petrolio più importanti in Italia si trovano in Sicilia e nel suo immediato offshore, in particolare il giacimento di Ragusa (1500 metri di profondità) o quello di Gela (scoperto nel 1956, ha caratteristiche simili a quello di Ragusa e si trova a 3500 metri di profondità) e quello di Gagliano Castelferrato (scoperto nel 1960, produce gas ed è situato a circa 2000 metri di profondità). Oltre a questi vi sono anche altri giacimenti nella parte orientale dell'isola come in quella occidentale. Vi sono poi, tra i più importanti, quelli dalla Val d'Agri, in Basilicata, e quello di Porto Orsini nell'Adriatico ravennate. La ricerca petrolifera prosegue ancora oggi, con una produzione petrolifera attorno ai 80.000 barili al giorno, mentre quella gassifera è di circa 15 miliardi di metri cubi. Il picco di produzione petrolifera in Italia è stato raggiunto nel 1997, e la velocità di esaurimento corrente è del 3,1%. La produzione nazionale rappresenta circa il 7% del nostro consumo totale di petrolio, il rimanente 93% è pertanto importato dall'estero; la produzione italiana, infine, corrisponde all'1% della produzione mondiale, con le riserve rimanenti, circa 1 miliardo di barili, che rappresentano lo 0.1% delle riserve mondiali di greggio.”  

Orbene, stiamo spendendo un sacco di soldi e di tempo per parlare di qualcosa che vale una piccola parte del nostro fabbisogno petrolifero, circa il 10% di media (l’altro 90% lo importiamo dall’estero), e abbiamo da estrarre ancora circa 1 miliardo di barili (lo 0.1% delle riserve mondiali di greggio). Differente invece l’estrazione gassifera, che si attesta attorno i 15 miliardi di metri cubi.  

I numeri più aggiornati parlano chiaro, però: secondo i dati riportati da Repubblica dai pozzi italiani nel 2014 si sono estratti 5,7 milioni di tonnellate di petrolio e 7,3 miliardi di metri cubi di gas naturale. Ovvero il 10,3% del fabbisogno di petrolio e l'11,8% del consumo di gas del Paese. In questo modo risparmiamo ogni anno 4,5 miliardi di euro sulla bolletta energetica. Se fermassimo le trivellazioni, il gas e il petrolio che compreremmo all’estero ci peserà molto sulla bolletta energetica.  

Ma secondo quanto riporta Assomineraria l'Italia sul fronte pertolifero è dipendente dall'estero in una percentuale superiore alla media europea (82 per centocontro 53 per cento). Inoltre l'importazione di gas e petrolio ci costa moltissimo: nel 2011 abbiamo pagato 63 miliardi di euro, il 4% del pil. Nel 2010 si stimava che i giacimenti petroliferi in territorio italiano non sfruttati valessero 187 milioni di tep, le tonnellate equivalenti di petrolio. In quello stesso anno la produzione italiana è stata solo di 5,1 milioni di tep. L'apertura di nuovi pozzi potrebbe raddoppiare la produzione di petrolio e gas entro 15 anni, passando quindi da 11,9 milioni di tep (5,3 di petrolio e 6,6 di gas) a 21,6 milioni di tep totali, e con un risparmio di 9 miliardi di euro sulla bolletta).  

Le aziende che vogliono nuove trivellazioni prevedono investimenti per 17 miliardi in quattro-cinque anni, nuove occupazioni e indotto.

Gli ambientalisti però promettono battaglia contro il pericolo di sversamenti in mare e il rischio di movimenti tellurici legati all'estrazione del gas.
Al momento si trivella nell'Adriatico del nord a Civitanova Marche (nelle Marche), a Ortona e Vasto (in Abruzzo), a Brindisi (in Puglia), a Ragusa (in Sicilia). Sebbene ci siano richieste di nuove trivellazioni anche a Pantelleria, in Sardegna e nel golfo di Taranto.  

Quindi il referendum si basa su questo timore, che si facciano nuove trivellazioni in futuro. E basta. “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”  

La domanda è formulata male, ed è incompleta, per il mio modo di pensare. Personalmente non sono contrario alle trivellazioni, almeno finché non ci sarà un deciso cambiamento di rotta da parte del nostro Governo sull’uso sempre più concreto delle energie rinnovabili. Ricordo che tempo fa c’erano incentivi per coloro che installavano pannelli solari e fotovoltaici, e l’energia in eccesso prodotta veniva immessa nuovamente in rete e pagata con uno sconto in bolletta al proprietario dei pannelli. Oggi non è più così. Chi produce energia in eccesso se lo piglia in quel posto, e ENEL o ENI ringraziano. Tra l’altro siamo COSTRETTI (per legge) ad avere un contratto con un gestore. Non possiamo staccarci dalla rete e produrre energia per conto nostro, anche se potremmo farlo.  

La nostra preoccupazione non deve essere focalizzata sulle trivelle e se fanno male o meno all’ambiente, ma sul fatto se il Governo cambia rotta e investe sulle fonti di energia rinnovabili. La mattina vi fate il caffè accendendo il gas, se avete freddo accendete il termosifone, alcuni di voi ha una vettura che va a metano, e chi fuma vuole l’accendino per accendersi la sigaretta… Senza contare che gran parte dell’Industria italiana si muove grazie all’uso di gas e petrolio.  

Se non vi urta che
da dopo il referendum, nel momento in cui il nostro fabbisogno viene ancor più drasticamente a mancare per la chiusura dei pozzi di trivellazione dopo il termine delle concessioni, e visto che il referendum non costringe il Governo a cercare fonti alternative di energia, le bollette saliranno ancor di più, allora votate SI.  

Mi sto convincendo che, come gran parte dei referendum popolari, la formulazione dello stesso sia non completa. Anche col referendum sull’acqua pubblica la domanda era sbagliata. Io non ho nulla in contrario se un privato gestisce l’acqua pubblica, purché si possano mettere dei limiti sui costi di gestione e sull’aumento delle bollette, e che i profitti vengano investiti nel servizio pubblico. Il privato lo sa e si organizza di conseguenza. Ma dire “l’acqua dev’essere pubblica” ha portato comunque gli attuali gestori a farla aumentare fino al 300% in pochi anni… e chi ci ha rimesso, sono sempre i cittadini.  

Anche in questo caso, avrei preferito mettere una forzatura alla domanda: “Volete che le trivellazioni finiscano, così da salvaguardare l’ambiente, e che il Governo s’impegni in 5 anni a cambiare rotta investendo sempre di più sulle rinnovabili, favorendone il loro sviluppo tra la popolazione con incentivi, in modo da non far aumentare le vostre bollette?”. In questo caso avrei votato SI pure io…
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